venerdì 21 novembre 2008

Un Natale da poveri ricchi


Natale 2008 sarà più ricco che mai. Il mondo, tutto il mondo cristiano, si prepara ad affrontare la principale delle ricorrenze religiose con animo finalmente consono. Saremo tutti ricchi di spirito, tanto più ricchi rispetto ai Natali trascorsi in quanto più poveri. Più siamo poveri e più partecipiamo al senso più profondo della festa di fine anno che poi è l’inizio, il principio di ogni vita. Meno soldi e più felicità, meno attaccamento al dio denaro e più leggerezza. La mente non avrà la frenesia di pensare a cosa comprare, a quali doni regalare al babbo, al nonno, alla zia, alla mamma, alla nonna. Non avremo il peso in testa a come spendere i soldi. È una fortuna. I soldi ci procurano solo preoccupazioni, solo pensieri. Tanti soldi in tasca vogliono dire tanti negozi da visitare, tante centri commerciali da pernottare. Senza soldi passeggeremo gaudenti, godendoci le luci spente delle vetrine, il sorriso riposato delle commesse rilassate su sedie straio dietro i banconi, l’oscuro silenzio dei viali del centro. Sarà un fine anno di spirito, con gli alberi di natale senza palle, con i presepi senza statuine di porcellana artistica, senza pranzi da porcelloni naif. Restituiremo alla festa il suo significato originario.
Dobbiamo sentirci felici nella povertà materiale, scoprendo nella povertà materiale la ricchezza spirituale, il nostro essere vero, profondo, autentico. Ma c’è povertà e povertà. C’è chi ritrova se stesso nella povertà. San Francesco ha fatto scuola pur non frequentandola. Per i monaci zen, la povertà è la via per ritrovare se stessi e il senso della vita. C’è chi nella povertà trova soltanto la disperazione, la fame, l’inoperosità, la perdita della dignità (in questi giorni davanti a un supermercato ho visto un ragazzo ventenne che chiedeva l’elemosina con una radiolina accesa e un cartello con su scritto: domani è il mio compleanno). Non è facile essere ricchi nella ricchezza così come non è facile essere ricchi nella povertà. Ma si può essere poveri nella ricchezza e poveri nella povertà. I soldi, insomma, non fanno la felicità così come la mancanza di denari non fanno l’infelicità. È come ci poniamo con noi stessi e con gli altri a farci sentire bene. Come reagirebbe un sovrano se decidesse di camminare scalzo e con degli stracci addosso per le vie della capitale del suo regno? Come reagirebbe un papa se decidesse un giorno di uscire tra la gran massa di fedeli solo con una maglietta a maniche corte e lo slogan: si sta da dio? Come reagiremmo tutti noi se decidessimo di spogliarci di tutti i nostri ornamenti e di uscire solo con i nostri ciondoli? E come reagirebbe un barbone mendicante se decidesse, per chiedere la carità, di addobbarsi con gli indumenti più ricchi del mondo? La povertà è uno stato ma anche una via. La ricchezza è una fortuna.

Iliubo

(© materiale originale, se adoperato al di fuori da questo blog riportare la dicitura: "autore iliubo - tratto da: www.iliubo.blogspot.com”)
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