venerdì 31 ottobre 2008

Pensare con i piedi cambia il mondo


I piedi pensano. I piedi hanno idee. Con i piedi andremo a testa bassa. Dai piedi il nuovo futuro del mondo.
Non ci sono parole. In pochi crederanno a quanto abbiamo enunciato. Ma è così. La scienza, grazie a sofisticati strumenti, ha provato oggi quanto già si sospettava dai tempi di Leonardo Gratta e Vinci. Con i piedi possiamo fare di tutto: camminare, correre, dare pedate, giocare, pedalare, guidare l’auto, saltare, dipingere. Ora anche pensare, ideare, progettare, pescare. Dai piedi arriva la speranza, la speranza che finalmente si esca dal buio apocalittico, la speranza che finalmente cambi qualcosa, la speranza che finalmente si scuota un mondo saturo di idee fuoriuscite dalla testa. Non se ne può più! E' dai tempi di Adamo ed Eva che si è sempre pensato di testa. Dalla mela dell’Eden alla pera dell’Odeon abbiamo fatto tutto di testa. La testa è stato il nostro capo ma la materia grigia, dopo millenni di onorata carriera, si è esaurita. Ha scaricato le batterie e non è più in grado di reggere i repentini cambiamenti di una società internettizzata. Tutte le idee pensate nel cranio non sono in grado di farci fare salti, non sono più capaci di trovare soluzioni nuove a problemi nuovi. Le teste pensanti ci hanno portato pensieri che ci hanno portato al punto in cui siamo: calamità, conflittualità, povertà, disparità, austerità, taratatà. Tutto sta andando a rotoli. Con la testa, si è capito dopo il ripetuto tonfo delle borse mondiali, non si va da nessuna parte. Si può voltare pagina solo con i piedi. La scienza lo ha confermato. Ha osservato e registrato attività cerebrale nella zona del metatarso e tra l'alluce e il polluce. Ciò vuol dire che se diamo fiducia ai nostri arti inferiori possiamo veramente vivere con i piedi, parlare con i piedi, recitare con i piedi, esprimerci con i piedi, lavorare con i piedi, pensare con i piedi, baciare con i piedi, disegnare con i piedi, studiare con i piedi, ragionare con i piedi…
Può fare un certo senso. Ce ne rendiamo conto. Ma non ci meravigliamo più di tanto. Non si è sempre detto: hai la testa che ti cammina?

Iliubo

(© materiale originale, se adoperato al di fuori da questo blog riportare la dicitura: "autore iliubo - tratto da: www.iliubo.blogspot.com”)

domenica 26 ottobre 2008

Ritorno all'età della pietra e della fionda


"Ritorneremo all’età della pietra e della fionda. Ritorneremo a cibarci di ciò che cacceremo e di ciò che coltiveremo". Parole profetiche quelle pronunciate in tempi non sospetti dal nostro amato letterato-filosofo Salvatore Gioacchino Petrapapula non ancora del tutto apprezzato come meriterebbe. Nella sua opera omnia “Sa si si susì Sasà picchì si oj si susì e sé è comu si si susissi e cincu picchì propria oj trasì l’ura solari”, il nostro Peptrapapula nel capitolo “Sicula siculorum sicumera” aveva già prefigurato ciò che sta accadendo in questi giorni e ciò che potrebbe accadere nei prossimi, dipingendo il futuro a tinte fosche: “Scoppieranno bolle speculative, scoppieranno le balle rotative, la recessione colpirà anche le Maldive, in bagno non si userà più sapone Palmolive, i pranzi si ridurranno a pane e olive…”. Gioacchino Petrapapula, già nel 1956, quando ebbe il suo momento di massima lucidità mentale, ci disse in pratica che l’uomo e la donna non entreranno più in centri commerciali, supermercati, negozi, putie. Non si avvicineranno più alle bancarelle dei mercati rionali. La crisi finanziaria globale eroderà a tal punto il potere d’acquisto dei redditi che costringerà tutta l’umanità a ritornare indietro di secoli, di millenni (“a pala e pico” ci annunciò nel 1957 Petrapapula, dicendoci che “l’uomo riprenderà in mano le zappe per coltivare la terra, gli archi e le fionde per cacciare gli animali, le canne da pesca e non da fumo per pescare i pesci del mare”). Ho provato sulla mia pelle e dentro il mio stomaco cosa vuol dire tutto ciò. È accaduto tutto ieri sera, in un’area geografica ben identificata tra Ribera, Sciacca e il Mongibello. Ieri, per chi non lo ricordasse, stonato com’è dal ritorno dell’ora solare, era sabato e di sabato si usa uscire con gli amici. Nel primo giorno del week end settimanale si va abitualmente in pizzeria a mangiare una pizza preparata da altri con i prodotti della terra e del mare. Paghi e mangi. Mangi e paghi. Ieri sera, andando contro connaturate abitudini, non siamo usciti da casa. Siamo rimasti chiusi nel nostro recinto geografico con un gruppo etnico di amici: Alfonso il macellaio con l’hobby della pesca, Maria la macellara, Ninetta la lamentatrice, Gianni il marito della lamentatrice. Ci siamo guardati in faccia e con occhiate eloquenti abbiamo deciso di cucinare a casa una cena frugale, semplice, povera, sobria. Abbiamo mangiato il frutto del duro lavoro di Alfonso il macellaro-pescaiolo. Tanto è stata frugale la cena che questa mattina mi sono svegliato ancora con lo stomaco satollo. Ho mangiato parco come un porco tanto che mi ha incontrato un maiale per strada e si è vergognato di essere un suino. Non so quanti chili di pesce hanno arrostito e infornato (orate, mezz’orate, triglie, saraghi, sauri, dinosauri ecc.). Teglie su teglie, padellate su padellate. Una mangiata parca al parco, con i prodotti che l’uomo parco Alfonso ha pescato con le sue parche mani. È stato un momento davvero parco in cui, madidi di inebriante vino bianco, abbiamo dimenticato 104 e centoquattristi, i 100 milioni di euro del Superenalotto persi da noi e vinti a Catania, il 10 per cento perso ogni giorno dai nostri investimenti nelle borse impazzite, la paura che se continuano a rompersi le bolle finanziarie e le balle fisiche con lo stipendio non ci potrai comprare neanche un pacco di caramelle.

Iliubo

(© materiale originale, se adoperato al di fuori da questo blog riportare la dicitura: "autore iliubo - tratto da: www.iliubo.blogspot.com”)
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