sabato 4 dicembre 2010

Ridere di mafia con lo Stupidario di Cosa Nostra


La mafia che fa ridere. In un libro che raccoglie il meglio degli errori e degli orrori linguistici. C’è il politichese, il giornalichese, l’avvocatese. E c’è anche il mafiachese, un linguaggio che è stato studiato e ristudiato sia nel suo aspetto sonoro sia in quello muto.

Due grandi umoristi siciliani, Lino Buscemi e Antonio Di Stefano tornano in libreria con l’esilarante opera “Signor Giudice, mi sento tra l’anguria e il martello”. Il libro, con la simpatica copertina del vignettista Roberto Mangosi, è pubblicato da Navarra Editore. Complimenti davvero a tutti.

Il contenuto del libro, fresco fresco, anzi caldo caldo di stampa, si spiega con tre parole sotto il titolo: Stupidario – ma non solo – di Cosa Nostra.

Nella scheda del sito dell’editore siciliano Ottavio Navarra ci si chiede: Si può ridere della mafia? Questa è la risposta.

Signor Giudice, mi sento tra l’anguria e il martello” dimostra che si può e forse si deve. Attraverso una spassosa selezione di autentiche balordaggini (vere e proprie gag comiche), svela l’altra faccia della Piovra; un sottobosco di boss illetterati e patetici padrini con le loro peregrine citazioni pullulanti di “prove scaccianti”, persone minacciate dalla “spada di Damacca” ma che a collaborare non hanno mai avuto il minimo “tintinna mento”.

Questa è la scheda.

D’ora in poi, quello che diranno potrà essere usato contro di loro. Loro, guappi che paiono aver perso la guapperia e acquistato il senso dell’umorismo, che per sottrarsi alle responsabilità si creavano l’alito, che hanno sempre vissuto allo stato ebraico e ci hanno avuti alla loro mercedes.
Suscita meraviglia leggere gli sproloqui esilaranti dei cosiddetti uomini d’onore, a loro agio più con la condizionale che con il congiuntivo, e vedere sgretolarsi nel ridicolo la loro picciotesca baldanza, dissolversi in una barzelletta la loro feroce spocchia gangsterica: «Pronto, Avvocato, mi può dire se il processo di mio marito lo faranno al Tribunale oppure nell’aula hamburger?»; o ancora: «Signor Giudice, mio cugino non era contuso con la Mafia». Spigolature curiose e aneddoti riferiti dai diretti protagonisti (come Falcone e Andreotti) completano l’ameno compendio di farsesche trascrizioni, tanto più incredibili quanto più genuine e testuali. È così, in definitiva, che questo libro, pur non avendo velleità di saggio o di studio antropologico, da una parte assume un notevolissimo e inedito interesse documentario, e dall’altra, ciò che più conta, ci tira su il molare.

Questi sono i due grandi autori.

Lino Buscemi, avvocato, docente di Comunicazione pubblica, giornalista pubblicista, dirigente della Regione Siciliana, già funzionario ispettore della Commissione Antimafia dell’ARS e consulente della Commissione nazionale parlamentare Antimafia. Osservatore attento della realtà siciliana, ha pubblicato numerosi saggi, monografie e articoli su argomenti di carattere sociale, storico e giuridico. Per Navarra Editore ha già pubblicato Sconosciuti & Dimenticati. Monumenti, luoghi e personaggi di Palermo (2009).

Antonio Di Stefano (Palermo, 1941), laureato in Scienze biologiche, ha insegnato al liceo classico e ha svolto l’attività di informatore scientifico.
Ha pubblicato: La vita è bella perché è avariata (Dario Flaccovio, 1988), Tante esequie dottore (Dario Flaccovio, 1989), Stupidario medico (Mondadori, 1992), Mal cognome mezzo gaudio (Mondadori, 1994), Dottore, ho un sofficino al cuore (Mondadori, 1995), Alle sogliole del duemila (Mondadori, 1998), Dottore ho i dolori aromatici (Mondadori, 2000), Non prenda niente tre volte al giorno (con Pippo franco, Mondadori, 2002), Qui chiavi subito (con Pippo Franco, Mondadori, 2004), L’occasione fa l’uomo ragno (con Pippo Franco, Mondadori, 2007), L’ultimo chiuda la morta (con Lino Giusti, Novantacento, 2008).
Iliubo
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