domenica 26 ottobre 2008

Ritorno all'età della pietra e della fionda


"Ritorneremo all’età della pietra e della fionda. Ritorneremo a cibarci di ciò che cacceremo e di ciò che coltiveremo". Parole profetiche quelle pronunciate in tempi non sospetti dal nostro amato letterato-filosofo Salvatore Gioacchino Petrapapula non ancora del tutto apprezzato come meriterebbe. Nella sua opera omnia “Sa si si susì Sasà picchì si oj si susì e sé è comu si si susissi e cincu picchì propria oj trasì l’ura solari”, il nostro Peptrapapula nel capitolo “Sicula siculorum sicumera” aveva già prefigurato ciò che sta accadendo in questi giorni e ciò che potrebbe accadere nei prossimi, dipingendo il futuro a tinte fosche: “Scoppieranno bolle speculative, scoppieranno le balle rotative, la recessione colpirà anche le Maldive, in bagno non si userà più sapone Palmolive, i pranzi si ridurranno a pane e olive…”. Gioacchino Petrapapula, già nel 1956, quando ebbe il suo momento di massima lucidità mentale, ci disse in pratica che l’uomo e la donna non entreranno più in centri commerciali, supermercati, negozi, putie. Non si avvicineranno più alle bancarelle dei mercati rionali. La crisi finanziaria globale eroderà a tal punto il potere d’acquisto dei redditi che costringerà tutta l’umanità a ritornare indietro di secoli, di millenni (“a pala e pico” ci annunciò nel 1957 Petrapapula, dicendoci che “l’uomo riprenderà in mano le zappe per coltivare la terra, gli archi e le fionde per cacciare gli animali, le canne da pesca e non da fumo per pescare i pesci del mare”). Ho provato sulla mia pelle e dentro il mio stomaco cosa vuol dire tutto ciò. È accaduto tutto ieri sera, in un’area geografica ben identificata tra Ribera, Sciacca e il Mongibello. Ieri, per chi non lo ricordasse, stonato com’è dal ritorno dell’ora solare, era sabato e di sabato si usa uscire con gli amici. Nel primo giorno del week end settimanale si va abitualmente in pizzeria a mangiare una pizza preparata da altri con i prodotti della terra e del mare. Paghi e mangi. Mangi e paghi. Ieri sera, andando contro connaturate abitudini, non siamo usciti da casa. Siamo rimasti chiusi nel nostro recinto geografico con un gruppo etnico di amici: Alfonso il macellaio con l’hobby della pesca, Maria la macellara, Ninetta la lamentatrice, Gianni il marito della lamentatrice. Ci siamo guardati in faccia e con occhiate eloquenti abbiamo deciso di cucinare a casa una cena frugale, semplice, povera, sobria. Abbiamo mangiato il frutto del duro lavoro di Alfonso il macellaro-pescaiolo. Tanto è stata frugale la cena che questa mattina mi sono svegliato ancora con lo stomaco satollo. Ho mangiato parco come un porco tanto che mi ha incontrato un maiale per strada e si è vergognato di essere un suino. Non so quanti chili di pesce hanno arrostito e infornato (orate, mezz’orate, triglie, saraghi, sauri, dinosauri ecc.). Teglie su teglie, padellate su padellate. Una mangiata parca al parco, con i prodotti che l’uomo parco Alfonso ha pescato con le sue parche mani. È stato un momento davvero parco in cui, madidi di inebriante vino bianco, abbiamo dimenticato 104 e centoquattristi, i 100 milioni di euro del Superenalotto persi da noi e vinti a Catania, il 10 per cento perso ogni giorno dai nostri investimenti nelle borse impazzite, la paura che se continuano a rompersi le bolle finanziarie e le balle fisiche con lo stipendio non ci potrai comprare neanche un pacco di caramelle.

Iliubo

(© materiale originale, se adoperato al di fuori da questo blog riportare la dicitura: "autore iliubo - tratto da: www.iliubo.blogspot.com”)

Nessun commento:

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...