venerdì 16 ottobre 2009

Posti auto per donne in attesa


“Parcheggio riservato alle mamme in attesa”. Un grande cartello attira la mia attenzione mentre scendo dalla macchina per fare la spesa al centro commerciale Upim di Sciacca: “Parcheggio riservato alle mamme in attesa”. Mi giro intorno e non noto altri segnali del tipo “Sosta riservata ai papà in attesa”.
Le “mamme in attesa” al centro commerciale Upim di Sciacca hanno il parcheggio riservato così come altre categorie di clienti speciali come le persone disabili. Un servizio ammirevole e per certi versi curioso. È la prima volta che mi imbatto in un cartello del genere. Non sapevo di posti riservati alle mamme in attesa. Ah! dannata ignoranza! Alla scuola guida, forse, mi è sfuggito. O forse non esiste come segnale stradale? E, dunque, è una carineria, un segno di civiltà, un gesto di sensibilità del titolare del centro commerciale?
Che dubbio atroce!
Ma a chi è venuto in mente?
E’ un fatto normale, da codice della strada?
È un obbligo?
E’ una iniziativa soltanto della catena di negozi Upim che a Sciacca?
A capo della ditta commerciale c’è un uomo o una donna?
Domande a cui chiamiamo a trovare una risposta il commissario Mopntalbano e Sherlock Holmes.
La cosa che più ha solleticato il mio interesse è quell’eufemismo: “in attesa”. In attesa di che? Del marito che è andato a fare la spesa? In attesa di un parcheggiatore abusivo? In attesa di partorire? In attesa che qualcuno aiuti la donna a partorire? In attesa che le portino direttamente in macchina la spesa? In attesa di gentiluomini che l’aiutino a scendere dalla macchina? In attesa dell’amante? In attesa di capire se può o non può parcheggiare la macchina senza essere multata?
La lingua italiana è straordinaria. È una delle lingue più complesse del mondo. Ci permette di tutto. Ci consente di essere chiari così come di essere astrusi, impenetrabili, interpretabili o equivocabili. L’indicazione del parcheggio riservato alle mamme in attesa, comunque, si poteva scrivere in tanti modi. Nel cartello si poteva scrivere, ad esempio, “parcheggio riservato alle partorienti”, “parcheggio riservato alle donne incinte”, “parcheggio riservato alle donne in stato interessante”, “parcheggio riservato alle donne in gravidanza”, “parcheggio riservato alle donne pregne”, “parcheggio riservato alle gestanti”, “parcheggio riservato alle donne fecondate”. O semplicemente utilizzare l’espressione: “parcheggio riservato alle mamme in dolce attesa”. È chiaro che l’utilizzo di una o dell’altra espressione assume un significato diverso, una sfumatura differente: dolce, burocratica, fredda o spregiativa
Fate un po’ voi. Ognuno scrive come meglio gli aggrada. Ma l’uso di una parola o di un’altra evidenzia, anche inconsapevolmente, certe sfumature, certe sottigliezze, o un retroterra particolare dello scrivente.
Un’altra domanda: ma perché non riservare dei posti anche alle puerpere, alle mamme che hanno appena partorito la cui "dolce attesa" si è conclusa con la nascita di un bebè? Perché pensare solo al premaman e non al postmaman? Perché non riservare i posti direttamente alle “mamme”? Ed i neo papà? I neo padri il parcheggio se lo debbono andare a cercare?

Iliubo

(© materiale originale, se adoperato al di fuori da questo blog riportare la dicitura: "autore iliubo - tratto da: http://www.iliubo.blogspot.com/”)

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