mercoledì 10 giugno 2015

Facebook e le malattie social

Sfogatoio? Confessionale? Realtà appannata? La soluzione di tutti i problemi del mondo? Cosa è Facebook? Fa venire malattie incurabili e contagiose? 
Me lo sono chiesto ieri, non oggi. E ieri stesso, non oggi, mi sono dato alcune risposte, cercando di avvicinarmi alla definizione più appropriata riflettendo sui miei primi anni vissuti social.
Vediamo.  

Facebook non è la realtà, intendo la realtà che vivi con i cinque sensi (ovvio, ma non così tanto ovvio). Non è neanche lo specchio della realtà o una sua pura deformazione. Non è solo un luogo virtuale (troppo semplicistico definirlo virtuale perché in tanti ci sono dentro anche fisicamente, dalla testa ai piedi). Non è un luogo solo socievole, dove con socievolezza socializzi con tutti gli amici che la pensano o non la pensano come te. Non è solo una piazza né la sala contenuta di un bar. Non è una semplice dimensione, perché di dimensioni ne ha diverse estendendosi in tutti i continenti della terra e anche in quelle spaziali.  

Facebook non è solo uno spazio pubblico o uno spazio privato. Non è neanche un eremo. Non è un antro solitario, ma puoi decidere di starci da solo non accettando alcuna amicizia nemmeno quella del tuo migliore amico (ti limiti a guardare, a leggere, a fare da spettatore attivo). Non è luogo di esclusivo anonimato perché comunque, anche sotto copertura, una identità te la dai e a quella devi rispondere: se sei un maschio e ti presenti come una utente femmina devi comportanti come femmina in pensieri, parole, opere e omissioni (attenzione alle crisi di identità, a lungo andare si rischia di diventare quello che si afferma di essere). 

Facebook non è solo luogo di battaglia: in tanti ci fanno la guerra o terrorismo, ma in tanti coltivano sincere amicizie, compongono poesie e frasi a effetto, danno origine a illuminanti riflessioni. Non è neanche una tribuna politica anche se in molti ormai ci fanno politica. Non è una centrale operativa o un centro di potere o di comando anche se siamo facilmente controllabili. Non è un luogo di libertà dove ognuno è libero di fare e di dire tutto ciò che vuole anche con post offensivi, denigratori, calunniosi, diffamatori (qualcuno parla pure di dipendenza patologica, una malattia contagiosa da curare).Non è neanche un'aula di tribunale anche se si usa per celebrare processi senz'appello.   

Facebook non è la vita, anche se in tanti stanno tutto il giorno connessi con i cellulari in mano, sempre accesi, in attesa della sonora notifica, dell'agognato “mi piace” o del commento ricercato, riponendo fiducia cieca nella scienza che dice che il cellulare non fa male o, più precisamente, non ci sono prove che dimostrino con innegabile oggettività, che faccia male. 

Facebook non è il surrogato di un buon libro. Non è il sostituto di giornali o di telegiornali (girano in rete tante incontrollate bufale create ad arte e, nella disattenzione o overdose di contenuti, credute vere notizie). Non è un’enciclopedia né un dispensatore di risposte o soluzioni indiscutibili. Non è solo uno sfogatoio, un confessionale o un contattatoio o un mezzo di comunicazione. 
 
Nella sua variegata complessità, penso che Facebook si avvicini molto a una sorta di luogo di rappresentazioni. Ognuno di noi si rappresenta come vuole (anche diversamente da com'è nella vita reale perché il mezzo ti aiuta e dunque: primattore, eroe, scienziato, salvatore della patria... oppure ombra, fantasma ecc.). E ognuno di noi rappresenta la sua realtà come crede, credendo o facendo finta di credere che sia la realtà vera, la direzione vera, la verità vera. Io mi sento spesso Goldrake. 

Raimondo Moncada 

Nessun commento:

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...